Mi trovo a scrivere il racconto della maratona che sognavo da anni, la Maratona di Berlino. Quella dove vai per strafare grazie alla sua scorrevolezza, per il tifo dal primo all’ultimo metro (e non sto scherzando.. nonostante la pioggia non c’era un metro senza gente che ti incitava), per il gruppo che ti porta ad andare forte e per le condizioni sempre favorevoli. Ma domenica non è stato così, né per me né per tanti altri.
Negli ultimi dieci giorni ho probabilmente sentito la pressione di questo grande evento. Pressione più che altro per voler correre in 2h14′. Gli ultimi allenamenti importanti si sono conclusi abbastanza bene e anche durante la stagione ho corso quasi sempre forte. Il fatto di avere svolto un periodo in altura credo mi abbia affaticato e fatto arrivare domenica non in condizione ottimale. Prima di salire a Pila per quei 17 giorni di quota stavo da Dio. Quando sono sceso ho iniziato a far fatica più del normale. Quella fatica accusata domenica in gara. Probabilmente a me non dà quei benefici che ad altri invece produce.
Alla partenza ci sono arrivato comunque carico per cercare di correre forte. Ho azzardato di stare col gruppo da 66′ al passaggio alla mezza, ma al quinto km (15.35) sentivo di essere già un po’ troppo al limite. Ho rallentato il ritmo ma così sono rimasto solo.
Intanto la pioggia si è abbattuta su di noi abbondantemente per un paio di km. Mi sono fatto riassorbire dal gruppo dietro ma appena mi sono accodato, questo drappello si è spaccato in due. Alcuni sono partiti all’inseguimento di quelli davanti ed un altro, invece, ha mantenuto un ritmo più controllato. Io mi sono inserito in quest’ultimo per rifiatare e per poi ripartire da solo. Al decimo km il passaggio poteva essere ancora buono in 31.32 con secondo 5000 in 16 minuti circa ma al quindicesimo stavo già perdendo piano piano secondi importanti. A metà gara il crono non era malvagio (67’29” con proiezione da 2h15′) ma sentivo di continuare a perdere. Al 30° km la strada tornava verso la zona partenza/arrivo e ad attendermi c’era un bel venticello contrario. A quel punto ho cercato di portarla a termine solo per passare sotto la porta di Brandeburgo senza pensare al tempo finale.
Gli ultimi quattro km ho faticato tantissimo correndo veramente piano. Al 39° km circa ho visto i genitori del mio compagno di squadra Alessandro Turroni a farmi il tifo, e quando ad incitarti c’è qualcuno che conosci è sempre bellissimo. Credevo di finire abbondantemente sopra le 2h17′ così quando ho visto anche gli amici Wladj, Anondy, Hervé e Sofia a farmi il tifo a 500 metri dal traguardo, mi sono concesso di battere loro il cinque. Una volta transitato sotto la famosa Brandenburger Tor ho visto il tabellone dell’arrivo che segnava 2h16’20” così ho dato tutto per stare almeno sotto le due e diciassette. Alla fine ho chiuso al 23° posto col tempo di 2h16’53” con crampi allo stomaco, conati di vomito e gambe a pezzi.
Peccato aver trovato le condizioni peggiori degli ultimi anni a Berlino. Peccato perché ci tenevo, perché stavo abbastanza bene nonostante dopo essere sceso dall’altura di Agosto le gambe non sono più state le stesse di prima. Peccato perché adesso diventa tutto più complicato per sperare in una convocazione agli Europei 2018. Peccato perché quando fai sacrifici speri sempre di andare forte. Ma si sa che lo sport è anche delusione. E la delusione è il miglior modo per girare pagina e ripartire con più motivazione e cattiveria.
Sono felice per Catherine Bertone che nonostante queste condizioni ha saputo tirar fuori una gara spettacolare abbassando di quasi due minuti il personale con un 2h28’32” che le permette di segnare il nuovo record mondiale W45 e classificarsi al 6° posto assoluto tra le donne.
Ora recupererò un po’ e poi deciderò quando provare di nuovo ad abbattere questo benedetto muro.
Bisogna solo essere convinti di farcela e prima o poi arriverà.
Ciao Innanzitutto volevo farti i complimenti per il risultato, e sapere che non ti ha soddisfatto mi lascia da prima senza parole poi guardando i tuoi risultati comprendo tu possa valere ancora di più. Ho anche visto che sei un lavoratore turnista… come me! Sicuramente fra i turisti più forti al mondo, se non il più forte.
Un giorno se ne hai voglia ci descrivi come questi influenzano le tue tabelle, i tuoi lavori e la tua preparazione? Io ad esempio il turno di lavoro che patisco di più è il 6/14. Se faccio un lento posso anche farlo subito, ma x un lavoro qualitativo meglio dorma prima un’oretta o due.
Grazie ed ancora complimenti
Stefano
Ciao ti ringrazio per il tuo commento. Sicuramente lavorando non è facile ottenere dei risultati importanti però si può cercare di ottenere il massimo possibile per la vita che si fa. La stanchezza molte volte non ti permette di correre come vorresti. Dopo il turno 6/14 sei sempre molto stanco e hai le gambe dure e fai fatica a correre, sembra quasi di non riuscire ad alzare le ginocchia. Ma anche il turno di notte ti toglie le forze. Sicuramente non sono il massimo per praticare sport a livello agonistico. Io non mi faccio problemi e la tabella di allenamento la seguo come se non lavorassi. Forse per quello che sovente sono stanco e in gara non rendo come dovrei.
A me ha aiutato fare una tabella dividendo la giornata in due blocchi, mattina e pomeriggio. Qui prima scrivo i miei impegni lavorativi, occupando la casella impegnata dal lavoro o nel caso della notte, dal riposo post lavoro. Potendo avere una visione ampia del tempo che posso dedicare al training e da come questo è distribuito cerco di costruire una tabella con cicli che abbiano un senso e che tengano conto anche del lavoro. Questo non esula il fatto che i miei progressi e soprattutto il mio valore non siano minimamente paragonabili ai tuoi.
Detto ciò…. Ancora tantissimi complimenti!